Nella vita di tutti, fin dall’evento originario della nascita, separazioni e perdite non solo sono momenti inevitabili, ma condizioni per crescere.
La morte di un genitore nell’infanzia, però, va al di là del naturale alternarsi di perdite e lutti. Non è una perdita come le altre. Somiglia a una amputazione, pur restando spesso una ferita invisibile.
Se però l’adulto può contare sui ricordi della persona che non c’è più, se può recuperare dentro di sé i sentimenti vissuti, per i bambini tutto questo diventa complicato. La domanda principale è: “Cosa succede ai bambini quando perdono i genitori nell’età in cui si è totalmente dipendenti da loro”?
Le emozioni dei bambini in lutto
Per un bambino che vive il lutto per la morte di un genitore, vi sono diverse condizioni emotive, ad esempio:
- Il genitore sopravvissuto è più amato di prima, quale unico appoggio, ma è anche osteggiato e temuto come capace di ulteriori abbandoni;
- Spesso si fa avanti un’idea persecutoria, ossia che qualcuno è arrivato e si è portato via il papà o la mamma;
- Il bambino sperimenta sensi di colpa e la paura travolgente di essere stato la causa della morte.
Sintomi frequenti
I bambini che hanno subito un lutto possono presentare disturbi nel rendimento scolastico, aggressività, oppure possono avvertire un senso di abbandono che non riescono a sopportare o a perdonare.
I sintomi dei bambini non sempre sono così evidenti ma spesso si manifestano con:
- disturbi dell’apprendimento, del sonno, dell’alimentazione;
- ritiro dalle relazioni con gli altri;
- stati di panico o manie ossessive;
- disturbi fisici persistenti, come emicranie o malesseri che compromettono la frequenza scolastica;
- iperattività, ossia un voler essere sempre al centro dell’attenzione attraverso tirannie, oppositività.
Il disagio degli adulti
Ad aggravare spesso la condizione emotiva dei bambini, si aggiunge l’incapacità di molti adulti ad affrontare il tema della morte. Si pensa, per esempio, che fino a una certa età i bambini non realizzino cosa sia la morte, né la sua definitività. Che vivano insomma in una beata incoscienza e non soffrano più di tanto per una perdita.
Gli adulti spesso non sanno come, quando e quali parole usare. E, una volta comunicata la notizia, non sanno come continuare il discorso.
In molti casi preferiscono non nominare la persona scomparsa pensando che questo serva ad attenuare il dolore, a digerirlo meglio, a proteggere un bambino dai ricordi e dalle nostalgie. Con il risultato però che per il bambino non solo chi è andato via non gli parla più, ma anche chi resta finisce per non parlare più di chi è morto.
Dare voce al dolore
Quando nella prima infanzia muore un genitore, il bambino deve vivere e contenere quell’esperienza terribile con una struttura emotiva e mentale ancora molto vulnerabile.
Deve poter imparare a separarsi dall’altro che non c’è più accettando una vita senza di lui; ma allo stesso tempo restare fortemente unito al genitore morto perché la ferita possa davvero diventare una cicatrice.
Per riuscirci a volte basta poter esprimere il suo vissuto emotivo, dare voce al suo dolore magari con il sostegno di uno psicologo per ricostruire la serenità necessaria e prevenire conseguenze sulla vita adulta.
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