Ti è mai capitato di sentire una voce che costantemente ti dice come dovresti essere, cosa dovresti fare o non fare, che ti critica e rimprovera quando sbagli? Chi è questa voce?
Questa voce, che abbiamo tutti, si chiama giudice interiore, “cane che abbaia” o “superego” secondo la denominazione di Freud.
In sostanza, è una parte della nostra personalità che giudica e valuta ogni aspetto della realtà interiore ed esteriore.
Una parte che si è formata durante l’infanzia, quando i nostri genitori, ma anche i nostri amici o figure significative, hanno iniziato a rimproverarci e a dire come comportarci. Il messaggio che arrivava in genere era più o meno questo: c’è qualcosa che non va in te, se soltanto cambiassi, tutto andrebbe meglio… devi essere diverso, solo così potrai essere amato e rispettato.
La conseguenza di questo messaggio, soprattutto quando da piccoli dovevamo proteggerci e adattarci all’ambiente, è un profondo senso di insicurezza, inadeguatezza e vergogna che spesso è ancora oggi con noi. In poche parole, è una sensazione di non essere mai abbastanza che ci porta ad un continuo confronto con gli altri.
A cosa serve il giudice interiore?
Il principale compito del giudice interiore è quello di mantenere lo status quo, di proteggerci, che crede di sapere ciò che è meglio per noi, separando ciò che è accettabile da quello che non lo è.
Ad esempio: il giudizio che un uomo deve essere forte e non avere paura può esserci stato trasmesso da piccoli, quando manifestavamo qualche forma di debolezza o timore. In quel caso potremmo aver scelto di sopprimere ogni forma di vulnerabilità che poteva apparire come debolezza e mostrare una facciata di forza per evitare di non essere approvati dai nostri genitori.
Un secondo compito è quello di fornirci un senso d’identità basato su una immagine socialmente accettabile. Il giudice interiore è molto sensibile ai giudizi e alle aspettative degli altri, alle regole sociali di comportamento. “Che cosa penserà la gente”? è una domanda tipica del critico interiore. Dietro questa domanda si nasconde molto spesso la paura di restare da soli, di essere abbandonati e rifiutati.
Va anche detto che spesso, dietro ad alcuni comportamenti delle persone che ci danno fastidio, si nascondono aspetti della nostra personalità che abbiamo represso o trascurato.
Il giudice nelle relazioni
Quando sta per nascere una relazione, quando una persona si interessa a noi, il critico interiore spesso interviene convincendoci che non siamo ancora pronti, che la relazione finirà prima o poi, con la paura che se poi nasce un rapporto, possiamo essere abbandonati o soffrire come le altre volte. Inoltre ha paura che se ci mostriamo come siamo, gli altri possano trovare dei difetti e quindi ferirci o respingerci.
Come riconoscere il giudice in azione
Uno dei modi per accorgerci che è il critico che ci sta parlando è quando emette sentenze e opinioni indiscutibili, categoriche, come portatore della verità assoluta. Ha sempre qualcosa da rimproverarci a danno della nostra autostima: accade, ad esempio, quando non ci piacciamo fisicamente oppure quando qualcuno ci fa qualche commento negativo, allora reagiamo in modo aggressivo o sprofondiamo nella vergogna.
Un altro modo per accorgersi del giudice in azione sono tutte le situazioni di stress e stanchezza oppure quelle insolite che mettono in allarme il giudice che ama invece le situazioni consolidate e già acquisite.
Inoltre la voce del critico è spesso aggressiva, giudicante, quando ad esempio ci rimproveriamo per delle cose da fare. I “devo”, i “non devo”, “avrei dovuto”, “non avrei dovuto“, sono i modi usuali con cui il giudice si esprime a danno della nostra parte bambina che diventa sempre più insicura.
A volte dietro le osservazioni del critico ci può essere una parte di verità, ma il problema è l’energia ansiosa e negativa con cui si manifesta minando l’autostima, generando dolore e sofferenza .
Come prevenire gli attacchi del giudice
Una possibile chiave per non farsi maltrattare dal giudice interiore è diventare genitori della propria parte bambina in maniera adulta e consapevole. Sviluppando la parte adulta è più facile prendersi cura del bambino interiore senza farsi coinvolgere e identificarsi dal giudice e e dalle sue costanti e ansiose manifestazioni.
Inoltre per accogliere questa parte, senza farci travolgere dalle sollecitazioni del critico, dobbiamo scoprire cosa si cela sotto i suoi commenti negativi. Scopriremo un nucleo terrorizzato ma anche tenero che ha l’intento di proteggerci ma quasi sempre lo fa in modo negativo ed aggressivo.
Riconoscere, quindi, che il giudice non siamo noi ma solo una nostra parte, nata anni fa per proteggerci ma che, se non riconosciuta, può davvero essere un ostacolo per l’amore verso noi stessi e gli altri.
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