Dolore puro e dolore sporco

Dolore puro e dolore sporco, l’origine della sofferenza

Quando la sofferenza bussa alla porta e tu la informi che non c’è posto per lei, questa ti risponde di non preoccuparti perché ha portato uno sgabello.

Questa immagine spiega, come spesso, davanti alle sofferenze della vita, la naturale tendenza dell’essere umano è quella di liberarsene il prima possibile. La sofferenza fa parte della vita, ma se si lotta contro, molto spesso si soffre anche di più. Non solo. Si rimane aggrappati al dolore perché, anche senza volerlo, la sofferenza può farci sentire speciali ed importanti e dare un senso d’identità.

Se il dolore rimane chiuso dietro la porta, non si riesce a vivere la vita in modo pieno, perché molte energie personali vengono impiegate a contrastare la sofferenza che spesso non va via.

Questo atteggiamento è spesso causa di un aumento dello stress ad esempio nei caregivers di persone con demenza, impegnati ad occuparsi del dolore del proprio caro invece che delle proprie emozioni.

Dolore puro e dolore sporco

Generalmente esistono due tipi di dolore:

DOLORE PURO: è il dolore originario che proviamo in risposta a un problema della vita reale. È ciò di cui non ci si può sbarazzare, è un dolore che non sarà mai sotto controllo. Il dolore puro, ad esempio, è quello che deriva da un lutto, un insuccesso, una malattia, una violenza, un trauma o da situazioni della vita quotidiana.

DOLORE SPORCO: termine coniato da due docenti di psicologia, Joanne Dahl e Tobias Lundgren, è la sofferenza che si aggiunge al dolore originario per evitare di sentire il dolore puro. Sono i pensieri e il rimuginìo sull’esperienza dolorosa iniziale.

Cosa fare per continuare a vivere pienamente senza evitare di sentire il dolore?

Imparare a stare con il dolore

Immagina di essere bloccato nelle sabbie mobili.

Quando si è impantanati nelle sabbie mobili vere, più si lotta, più inesorabilmente si sprofonda in esse. Così, se si prova a sollevare un piede verso l’alto, l’altro piede affonderà più profondamente nelle sabbie mobili. Infatti, c’è un solo modo per tirarsi fuori dalle sabbie mobili: bisogna stare con le sabbie mobili e, quindi, imparare a stare con il dolore. Se non lo si fa, la lotta per liberarsi dal dolore potrebbe durare all’infinito.

L’accettazione come via d’uscita

Il problema, quindi, non è il dolore in sé, ma come rispondiamo alla presenza del dolore nella nostra vita.

Se invece la si fa entrare, la si fa spazio lentamente, anche se inizialmente fa paura, la sofferenza piano piano si riduce, cambia forma, da nemica può trasformarsi in alleato.

E come si riesce a farlo? Imparando ad accettare, che non vuol dire rassegnazione, ma disponibilità ad avere un certo tipo di esperienza e fare spazio alla sofferenza, a scegliere in modo consapevole come vivere la propria vita e ad agire per mettere in pratica i passi necessari per raggiungere ciò che veramente si desidera.

 

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